Info: gallerianovecentoart@libero.it

Milano, via Jacopo dal Verme 7

Arte Moderna

Arte Antica

Modernariato

Story

Era il 1973 quando Riccardo Pellegrini, decideva di trasferire la sua galleria da viale Gran Sasso all’attuale sede con doppio ingresso su Corso Buenos Aires, dando vita a un luogo segnante del panorama culturale milanese. Ora, dopo una vita di esaltante attività, di cui quasi cinquanta nella sede storica e dopo la scomparsa del suo storico gallerista, avvenuta nel 2020, la Galleria 900 è costretta ad abbandonare i suoi spazi, mettendo fine a un capitolo della sua esistenza. Complici, le dinamiche immobiliari di una zona milanese di forte richiamo e in rapido mutamento. Tuttavia, “non si tratta della chiusura della galleria, ma solo della sede della galleria”, precisa Luca Pellegrini, che oggi ha preso in mano le redini delle attività spiegando come la pandemia abbia inciso in modo devastante sulla scelta di chiudere i battenti. Ma non sarà la fine di Galleria 900, e’ infatti in programma l’apertura di un sito e-commerce e di una piattaforma di aste dove poter accedere ed acquistare liberamente le opere proposte. Uno sviluppo tecnologico dettato dai tempi e dalla possibilità di raggiungere collezionisti in ogni parte del mondo. Quindi se da una parte e’ la fine…dall’altra e’ l’inizio di una nuova era per una delle più importanti e prestigiose gallerie milanesi. Oggi l’attività della galleria prosegue nella sede di Milano, in via Jacopo dal Verme, 7, 20159 Milano MI online e con corner point a Milano e Parigi e nelle principali fiere d’arte.

Dott. Luca Pellegrini

L’ARTE DIVENTA ESPERIENZA

Le persone che entrano nella nostra Galleria d’arte possono intraprendere esperienze diverse. Galleria Novecento Milano è un luogo di:

  • Fruizione. Le sale espositive vengono allestite di frequente con le opere dei diversi artisti in occasione di eventi e mostre, ma non solo. Quest’ultime sono disponibili anche in modalità virtuale per un’esperienza completamente immersiva.
  • Selezione. Il cliente viene guidato dal nostro team nella scelta dell’opera più linea con i suoi gusti e gli ambienti dove questa sarà esposta. Al tal fine ci rechiamo personalmente nelle abitazioni dell’interessato per un sopralluogo o richiediamo delle foto.
  • Relazione. Gli artisti trovano nella Galleria e nel nostro team un punto di riferimento per l’attività espositiva e di sostegno per la realizzazione di telai, supporti, imballaggi delle opere e fotografia delle stesse. Allo stesso tempo, per i clienti più affezionati ormai nostri amici, Galleria Novecento Milano rappresenta un luogo speciale dove condividere una passione comune.



Galleria Novecento Milano si occupa di vendita di modernariato, interior design, arredi vintage


Parliamo un po’ di Modernariato e come funziona l’acquisto modernariato

Come si riconosce un mobile di modernariato?

Semplice, un mobile di modernariato è stato realizzato tra gli anni 30′ e gli anni 80′ del Novecento. Non si tratta solo di prodotti realizzati industrialmente per la massa ma anche di realizzazioni dalle linee più particolari. Oggi il modernariato è molto di moda e sicuramente tutti hanno in casa almeno un pezzo o un arredo di quegli anni, magari ereditato da un parente oppure acquistato volutamente. Il modernariato oggi piace per le sue linee iconiche e l’utilizzo di materiali più ricercati rispetto ad altri mobili che troviamo in commercio. Un mobile di modernariato si presta bene a essere inserito in un contesto di abitazione moderna dando un tocco di design ricercato. La qualità di questi arredi di modernariato è indiscutibile, dall’utilizzo di legni pregiati all’utilizzo di colori tipici fino alla progettazione di forme e linee particolari.

La scelta di quale mobilio di modernariato scegliere non è facile in quanto si deve integrare bene nel contesto casalingo. Per questo motivo si può decidere anche di vendere gli arredi di modernariato a Milano per acquistarne altri di diversa tipologia e forma. 

Mostre e Fiere

Collezione

Lucio Fontana

Collezione

Lucio Fontana

Lucio Fontana, “Concetto spaziale, Attese”, 1959. Collezione privata. Courter Tornabuoni, Firenze. In comodato a Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Foto © Amedeo Benestante. In esposizione fino a settembre 2015. | Lucio Fontana, “Concetto spaziale, Attese”, 1959. Private collection. Courtesy Tornabuoni, Florence. On loan to Madre · museo d’arte contemporanea Donnaregina, Napoli. Photo © Amedeo Benestante. On view until September 2015.

Allievo di Adolfo Wildt all’Accademia di Belle Arti di Brera, Lucio Fontana (Rosario di Santa Fe, 1899-Varese, 1968) espone alla sua prima personale, nel 1930 alla Galleria del Milione a Milano, Uomo nero, opera in cui attesta un nuovo interesse verso una ricerca astratto-geometrica. A partire dalla seconda metà degli negli anni Trenta l’artista sperimenta l’uso della ceramica, mentre negli anni Quaranta realizza anche sculture a tuttotondo in mosaico colorato. Dopo la pubblicazione in Argentina del Manifiesto Blanco, rientrato a Milano nel 1947, Fontana firma il Manifesto dello Spazialismo, nel quale viene affermata, come si evince nella seconda versione, la necessità di far “uscire il quadro dalla sua cornice e la scultura dalla sua campana di vetro”, per oltrepassare i linguaggi tradizionali e sperimentare la relazione fra l’arte e le nuove tecnologie. Questa tensione verso una differente concezione dell’opera inserita nello spazio conduce, nel 1949, all’Ambiente spaziale a luce nera, realizzato con elementi fosforescenti sospesi al soffitto della galleria milanese del Naviglio, resa completamente nera. La stessa ricerca, spinta sul versante del rapporto tra spazio interno e spazio esterno dell’opera, viene approfondita dal ciclo Buchi (1949-1968), opere pittoriche in cui la tela viene forata con un punteruolo prima in modo irregolare (“vortici di buchi”), poi in modo ritmico e organizzato. Dei primi anni Sessanta sono gli Olii, tele lacerate o bucate, di cui fa parte anche la serie dedicata a Venezia esposta alla prima mostra a New York alla Martha Jackson Gallery (1961). Dall’impatto con la città statunitense nascono i Metalli, lamiere specchianti e squarciate.

Dal 1958 al 1968 Fontana realizza i cicli dei tagli, Concetto spaziale e Attesa, in cui, come nell’opera in collezione, la lacerazione singola o reiterata della tela determina l’atemporalità del segno e la contaminazione fra lo spazio dell’opera e quello dell’ambiente che la circonda. Tale nuova misura dello spazio dell’opera, che non coincide più con la tradizionale idea di separatezza della tela rispetto alla realtà, viene ulteriormente indagata nella serie Fine di Dio (1963-1964), in cui tele ovali, dove talvolta sono apposti dei lustrini, sono cadenzate da buchi e lacerazioni, nei Teatrini (1964-1966), in cui compaiono anche elementi figurativi, e nelle Ellissi (1967), tavole di forma ellittica nelle quali i buchi vengono realizzati a macchina. Nel 1966 l’artista vince il premio alla Biennale di Venezia con una sala personale, dove realizza in collaborazione con Carlo Scarpa un ambiente ovale labirintico illuminato da una luce bianca e cadenzato da tele bianche attraversate da un taglio. Una estesa documentazione di proposte e progetti attestano il rapporto tra Fontana e il gallerista Lucio Amelio, in vista dell’organizzazione di una mostra mai realizzata a causa della morte dell’artista, che aveva esposto per la prima volta a Napoli con una personale alla galleria Il Centro nel 1963.

Opere in Vetrina

Classificazione: 5 su 5.

Alessio Issupoff

Importante e Antico dipinto

Alessio Issupoff

“ Soldati in partenza “

Olio su tavoletta

Opera autentica, con certificazione di nota galleria d’arte Italiana

Stima: 900,00 / 1200,00 Euro

28 X 25,5 cm

Aleksej Vladimirovic Isupov, noto col nome italianizzato di Alessio Issupoff, nacque a Vjatka (l’attuale Kirov) il 10 marzo del 1889. Figlio di un intagliatore e doratore di icone, imparò a dipingere dagli artigiani pittori che lavoravano col padre. Volendo dare espressione alla propria creatività artistica, il giovane Alessio non intraprese il mestiere paterno ma lasciò Vjatka per Mosca, dove frequentò la Scuola di Pittura, Scultura e Architettura.

Gli fu mentore il pittore Apollinarij Michajlovic Vasnetsov, fratello di Viktor, che lo introdusse nel milieu artistico moscovita e lo aiutò a trovare lavoro. Studiando e visitando musei, Issupoff formò il proprio “gusto” estetico modulandolo sull’arte contemporanea russa e francese. Oltre a Vasnetsov, ebbe come maestri Valentin Serov e Konstantin Korovin, che lo educarono alla pittura di genere, a quella paesaggistica e alla ritrattistica. Ottenuto il diploma nel 1912, prese a viaggiare nella regione degli Urali. Assegnato alla guarnigione di Tashkent, evitò di fare la cruda esperienza della prima guerra mondiale. Finito il servizio militare, viaggiò per il Turkestan immergendosi in un ambiente variopinto e “magico”, che avrebbe segnato fortemente la sua pittura. Molte delle sue opere più note, infatti, offrono suggestive visioni delle più remote lande dell’Asia Centrale.

Stabilitosi a Samarcanda con la moglie Tamara Nikolaevna, svolse qui le funzioni di direttore del locale Comitato di Restauro e Conservazione delle opere d’arte e dei monumenti cittadini. Si perfezionò allora nella tecnica della tempera su pannello ligneo creando opere che, nello stile, si richiamano alla tradizionale pittura delle icone. Il ritorno a Mosca, avvenuto nel 1921, segnò l’inizio del periodo più sofferto della sua vita privata. Trovatosi in ristrettezze economiche, Issupoff si ridusse a fare l’artista “di regime”, ovvero a dipingere ritratti di alti dirigenti sovietici e scene ispirate alla Rivoluzione Russa e alle imprese dell’Armata Rossa. Ancora una volta fu Vasnetsov ad aiutarlo, trovandogli un lavoro salariato all’interno di uno dei tanti Comitati moscoviti. Afflitto da problemi di salute, nel 1926 si recò in Italia per curarsi. La sua vita ebbe allora una svolta radicale. L’Italia fu il luogo della sua rinascita, personale e artistica. Issupoff vi trovò subito una benevola e lusinghiera accoglienza. Ebbe, fin dal suo arrivo, occasione di farsi apprezzare dalla critica e dal pubblico. Già nel 1926 fu allestita la sua prima personale a Roma. Seguirono numerose altre mostre nelle più importanti città della Penisola e, nel 1930, la XVII Biennale di Venezia “consacrò” l’opera del pittore russo. Godendo di stima, d’agiatezza e di libertà d’espressione l’artista decise di non rimpatriare.

Quanto sofferta fosse stata tale decisione è dimostrato dalla produzione stessa di Issupoff. Dipingendo “a memoria”, egli ricreò la Russia che aveva lasciato. Non quella sovietica, ma quella pre-rivoluzionaria che aveva conosciuto nell’infanzia e nella giovinezza. «Le impressioni che egli serba del suo paese ritornano nei nuovi quadri con maggiore ricchezza di motivi e ampiezza di svolgimenti: lande brumose, i fiumi che solcano, gelidi e cupi, la campagna bianca di neve, betulle che ricamano le loro frappe argentate tra veli di nebbia, e cavalli al pascolo, alla slitta, alla troika, all’aratro». La nostalgia, unita alla salute malferma, acuì la depressione, che lo colpì in età avanzata facendolo rintanare in casa propria e isolandolo dal mondo. Negli ultimi anni, racconta la moglie Tamara, dipinse pochissimo e non fu mai presente all’inaugurazione delle mostre a lui dedicate. Morì a Roma il 17 luglio 1957 e fu sepolto al cimitero del Testaccio. Nove anni dopo, Tamara tornò in Russia portando con sé i dipinti ereditati dal marito. Molte di queste opere furono da lei donate al museo d’arte di Vjatka, la città natale di Issupoff

Giovanni Fattori (Livorno, 1825 – Firenze, 1908) [attribuito a]

”La Sentinella” matita su carta vergellata applicata a cartoncino – Seconda metà del XIX secolo, 24 x 18 cm

Uno dei più rinomati pittori italiani che fece della macchia la sua cifra stilistica fu Giovanni Fattori(Livorno, 1825 – Firenze, 1908). Pittore e incisore, divenne tra i principali esponenti dei macchiaioli, gruppo di artisti nato al Caffè Michelangelo, dove i suoi esponenti si radunavano per parlare di temi artistici e politici: il nome “macchiaioli” venne utilizzato per la prima volta in tono spregiativo da un anonimo giornalista della Gazzetta del Popolo che, nel 1862, recensì una loro mostra con toni ostili, disprezzando la loro teoria della “macchia” (le immagini dei macchiaioli sono cioè costruite attraverso macchie di colore giustapposte per dare il senso di ciò che l’occhio percepisce nell’immediato). Il nome che designava il gruppo, in sostanza, era nato con le stesse modalità del termine impressionisti, un termine inizialmente denigratorio che diventa poi il nome con cui il gruppo s’identifica.

Fattori fu un pittore molto apprezzato dai contemporanei dipinse prevalentemente i suoi amatissimi paesaggi toscani, in particolare quelli della Maremma ma anche per i suoi ritratti e per le opere di contadini, lavoratori e episodi di guerra relativi ad avvenimento a lui contemporanei come le guerre d’indipendenza. Ciò che rese Fattori celebre e molto ammirato fu l’uso che fece delle macchia e dei colori rappresentando sempre soggetti realistici: per Fattori furono molto importanti gli incontri con il pittore Nino Costa che lo sostenne nella sua ricerca artistica, ma anche l’amicizia con lo storico dell’arte Diego Martelli che guidò la formazione del giovane gruppo fiorentino dei macchiaioli. Per quanto riguarda i contenuti delle opere Fattori rifiutò i temi celebrativi tipici del Neoclassicismo, ma anche quelli nazionalisti: il pittore preferì temi più realistici, e le battaglie non venivano celebrate come facevano altri pittori del tempo, ma venivano più semplicemente descritte, quando non condannate attraverso la raffigurazione di episodi tragici e sconfortanti.

Note biografiche tratte dal Dizionario Illustrato dei Pittori, Disegnatori ed Incisori Italiani A.M. Comanducci.

Giovanni Fattori (1825-1908)

” Maremma a primavera “ olio su tavola, 31 x 23 cm – Attribuito

epoca: 1900-1905

L’altro tema ricorrente in Fattori è il paesaggio, in particolare la sua terra, la Maremma toscana, con una estrema attenzione al paesaggio agrario. Descritto spesso come realista, l’artista divenne un membro dei Macchiaioli, la corrente di pittori precursori dell’impressionismo.

prov. collezione privata in Roma

stima: 1.500,00 – 1.900,00 Euro

” Un mattino a Pernes-les-Fontaines “

Opera del 1937

26 x 24 cm – Olio su faesite

Nel 1923 è insignito del titolo di Cavaliere della Legione d’Onore e nel 1927 è nominato presidente del Salon de l’Union des Beaux-Arts di Lagny-sur-Marne, nell’Ile de France. Dal 1930 al 1938 espone con il gruppo, del quale fanno parte pittori che pur nella diversità d’espressione, si possono accomunare sotto l’etichetta di “Neo-Impressionisti”. Nel 1933 è eletto all’unanimità Presidente di giuria del Salon des artistes francaise; in occasione della cerimonia, gli viene organizzata un’esposizione con 237 opere.  


Grazie al padre, disegnatore di merletti, entra in uno studio di decorazione dove apprende la tecnica della pittura murale. Il datore di lavoro lo incita a studiare le teorie degli Impressionisti finché Montezin lascia l’impiego per dedicarsi completamente all’arte pittorica.
Artista molto sensibile al fascino della luce naturale, i soggetti preferiti sono soprattutto paesaggi nei quali applica i principi della pittura “en plein air”. Guarda molto a Monet che considera maestro ideale, applicando a sua volta la stesura a piccoli tocchi e imprigionando la luce in una rete colorata; ciò si nota in particolar modo nei dipinti raffiguranti effetti di neve, stagni e specchi d’acqua dove più si possono cogliere i riflessi, i colori dell’atmosfera e dell’ambiente.
Nel 1893 invia un’opera al Salon des Artistes Français ma è rifiutato; sarà ammesso solo a partire dal 1903. E’ proprio in questa data che fa amicizia con Quost il quale gli insegna l’arte del disegno e gli trasmette il gusto per la pittura.
Nel 1907 e nel 1910 riceve la medaglia di terza e di seconda classe al Salon des artistes francaise. Dal 1914 è impegnato in guerra e solo alla fine del conflitto riprende a dipingere trasferendosi a Dreux e poi a Moret, dove abitualmente trascorreva il periodo estivo. Nei dipinti di questo periodo si nota l’influenza di Alfred Sisley che aveva trascorso il suo ultimo periodo proprio a Moret-sur-Loing, nei pressi della foresta di Fontainebleau. Nel 1920 riceve il Premio Rosa Bonheur al Salon ed è ammesso come socio fuori concorso. Dopo aver ricevuto la medaglia d’onore è eletto membro del Comitato e del Jury.
Nel 1923 è insignito del titolo di Cavaliere della Legione d’Onore e nel 1927 è nominato presidente del Salon de l’Union des Beaux-Arts di Lagny-sur-Marne, nell’Ile de France. Dal 1930 al 1938 espone con il gruppo, del quale fanno parte pittori che pur nella diversità d’espressione, si possono accomunare sotto l’etichetta di “Neo-Impressionisti”. Nel 1933 è eletto all’unanimità Presidente di giuria del Salon des artistes francaise; in occasione della cerimonia, gli viene organizzata un’esposizione con 237 opere. Nel 1936 espone a Parigi alla Galerie du Journal, nel 1938 alla Galerie Durand-Ruel, e nel 1943 alla Galerie Raphaël Gérard.
Nel 1940 diventa membro dell’Accademia di Belle Arti di Parigi.
E’ molto amico di Fernand Pinal, pittore allievo del divisionista Henri Martin che, parlando del suo legame con Montezin, dirà: “l’amicizia di cui mi ha voluto onorare fino alla morte mi fa conservare un ricordo prezioso ed emozionante di queste rive della Senna e di Loing, dove, durante l’estate 1941 ebbi l’occasione di piantare il mio cavalletto vicino al suo”. 
Fedele per tutta la carriera ai principi della pittura Impressionista, non si lasciò mai tentare dai movimenti emergenti quali Cubismo, Surrealismo o Astrattismo.
Come Cézanne, muore improvvisamente, mentre sta dipingendo all’aperto.
.
Musei in cui sono conservate le sue opere:

Manheim (Kunsthalle)
Parigi, Musée d’Art Moderne de la Ville
Parigi, Musée du Petit Palais
Parigi, Musée du Luxembourg
Musée des beaux-arts de Bordeaux
Musée Crozatier au Puy-en-Velay
Musée Cantini de Marseille
Musée du Havre
Musée de Roubaix
Musée Marcel Dessal de Dreux
Musée de Lille
Musée de Renne
Musée de Tourcoing
Musée d’Amiens
Musée de Calais
Musée de Lourdes
Musée de Saint-Quentin
Musée Alfred-Danicourt de Péronne
Musée des beaux-arts de Dijon

Bibliografia:

E. Bénezit, Dictionnaire critique et documentaire des Peintres, Sculpteurs, Dessinateurs et Graveurs, Paris, Librairie Gründ, 1976; G. Schurr, P. Cabanne, Dictionnaire des Petits Maîtres de la peinture, 1820-1920, Paris, Les éditions de l’amateur, 1996; N. Coret, Autour des Neo-impressionistes, Le Groupe de Lagny, Paris, Somogy, 1999.


Opere in arrivo:

Pompeo Mariani (Monza, 9 settembre

1857 – Bordighera, 25 gennaio 1927) Attribuito

Att.a – Marina con barche

Olio su tavola – Firmato a mano – 1920

Importante dipinto di

Pompeo Mariani (Monza, 9 settembre 1857 – Bordighera, 25 gennaio 1927) Att.a

” Marina con barche”


Fiere & Eventi

ARTISSIMA TORINO 2021
5-7 novembre
OVAL, Lingotto Fiere
Direttore: Ilaria Bonacossa
Artissima è la principale fiera d’arte contemporanea in Italia. Sin dalla sua fondazione nel 1994, unisce la presenza nel mercato internazionale a una grande attenzione per la sperimentazione e la ricerca.
Alla fiera partecipano ogni anno gallerie da tutto il mondo. In aggiunta all’esposizione fieristica (Main Section, Dialogue/Monologue, New Entries, Art Spaces & Editions), Artissima si compone di tre sezioni artistiche dirette da board di curatori e direttori di musei internazionali, dedicate agli artisti emergenti (Present Future), al disegno (Disegni) e alla riscoperta dei grandi pionieri dell’arte contemporanea (Back to the Future). Dal 2020 le tre sezioni curate sono ospitate virtualmente sulla piattaforma digitale Artissima XYZ, e nel 2021 hanno avuto anche un display fisico condiviso nel padiglione fieristico.
PUBBLICAZIONI

Copyright @ 2021 Galleria Novecento Milano Arte Moderna e Contemporanea

CONTATTACI

Torna indietro

Il messaggio è stato inviato

Attenzione
Attenzione
Attenzione
Attenzione!